Territorio

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Il Vulcano di Roccamonfina
Simile per forma e morfologia al Vesuvio, ma molto più grande per dimensioni, il Roccamonfina è un vulcano spento, la cui ultima eruzione dovrebbe essere avvenuta circa 50.000 anni fa.
Nella caldera principale dell'antico vulcano sorge oggi il comune di Roccamonfina, le altre due importanti caldere erano quelle del Monte Santa Croce (1005 m), vetta più alta del complesso montuoso e del Monte Lattani, dove oggi sorge l'omonimo santuario risalente al 1.400.
Il territorio è delimitato nord, nord-ovest dalla valle del Grarigliano, a sud-ovest dal massiccio del Massico, a sud dalla valle del basso Volturno, a sud-est dalla valle che lo separa dal Monte Maggiore, a est dalla valle del medio Volturno e a nord-est dal Monte Cesima e dalle propaggini più meridionali delle Mainarde Molisane.
A testimonianza della sua antica attività e di quanti benefici abbia apportato al territorio circostante, restano i fertili terreni, ricchi di potassio e di altri minerali, dai quali è costituito egli stesso e le valli circostanti, le fumarole ancora presenti nel comune di Sessa Aurunca, le numerose sorgenti di acque termali di cui è disseminato il territorio, come a Suio (sulla sponda laziale del Garigliano), Sessa Aurunca, Roccamonfina, Mondragone (le antiche terme di Sinuessa), Teano, Francolise e le sorgenti di acque minerali tra le più famose d'Italia, vedi Ferarelle, Lete, Santagata, Prata, Sorgesana.
Oggi il Vulcano si presenta come un "grande cono" del diametro di base di circa 25 km, ricoperto da fitti boschi di castagni ai quali è strettamente legata l'economia locale. La primitiva di Roccamonfina infatti è una delle più precoci d'Italia e costituisce un prodotto di ottima qualità, tanto che l'economia di Roccamonfina e dei paesi limitrofi è quasi essenzialmente basata sulla coltivazione delle castagne e di altri prodotti che crescono spontaneamente nel sottobosco, come molte varietà di funghi e tartufi.
La forte vocazione naturalistica del territorio hanno fatto si che il vulcano e la vicina valle del Garigliano fossero sede di un parco regionale, denominato: Parco regionale di Roccamonfina e foce del Garigliano.
Immersi nel verde incontaminato dei boschi di castagno, sorgono incantevoli paesini e borghi medievali, vere oasi di tranquillità e cultura. Paesini dove la gente è calorosa, la cucina ottima, l'aria pulita e ci si può facilmente distrarre con rilassanti passeggiate tra i boschi, o visitando uno dei tanti monumenti di cui è disseminato il territotio.

Il primo comune di cui parleremo è quello di Roccamonfina, dal quale prende il nome l'omonimo vulcano. È un comunedi circa 4.000 abitanti sito in una delle caldere del vulcano, a circa 600 m di altitudine sul livello del mare. Ha origini antichissime, come testimoniano le mura megalitiche dell'Orto della Regina rinvenute sul vicino Monte la Frascara e alcuni frammenti epigrafici in lingua osca rinvenuti in località Surienza, ma le prime notizie documentate dell'attuale abitato risalgono all'anno 1.000. Causa dei numerosi terremoti e venti bellici dell'ultimo conflitto mondiale, del centro storico rimane ben poco, ma presenta una splendida piazza panoramica, in cui si può ammirare la Chiesa di Santa Maria Maggiore edificata verso il XII-XIII secolo ma quasi completamente rifatta nel 1.700. la chiesa è dotata di un maestoso campanile maiolicato di circa 40 m di altezza. Sempre nella piazza &presente il quattrocentesco Palazzo Colletta. Da visitare sul Monte Lattani, il santuario con annesso convento francescano di Maria santissima dei Lattani, fatto costruire nella prima metà del 1.400 da San Bernardino da Siena, accorso sul luogo in seguito al ritrovamento in una grotta di una statua della Madonna che attirava molti pellegrini dai dintorni. Alla chiesa si accede tramite un portico con arco a tutto sesto che conserva ancora l'originale porta del 1507. L'interno ad unica navata, conserva affreschi del XV e XVII secolo, e vetrate gotiche policrome. mentre il convento è dotato di un chiostro con affreschi del seicento, eseguiti da Padre Tommaso di Nola.
Da visitare anche la miriadi di frazioni, che sono dei veri borghetti immersi nella natura. In particolare la frazione di Gallo, dove si trova una chiesa con campanile che custodisce un tabernacolo per l'olio santo del 1633. La frazione di San Domenico con il suo convento domenicano del XVII secolo e la frazione di Torano-Filorsi dove sorge una chiesa del XIII secolo in stile romanico.
Se vi trovate a Roccamonfina non potete non fare una rilassante e salutare passeggiata tra i boschi per andare a visitare il già menzionato Orto della Regina, mura megalitiche attribuite alle popolazioni preromane che abitavano il luogo, probabilmente Osci o Aurunci.
Roccamonfina ha dato i natali a Nicola Amore, sindaco di Napoli e senatore del regno d'Italia nella XV legislatura, definito da Matilde Serao come il miglior sindaco che Napoli avesse mai avuto
La città organizza ogni anno, nella prima domenica di Ottobre, la rinomata Sagra della Castagna, che ultimamente attira sempre più visitatori.
Ultima raccomandazione, ma non per questo la meno importante, se vi trovate a Roccamonfina, non dimenticata di gustare un ottimo gelato artigianale, nella gelateria L'Oasi. Vi assicuro che non ve ne pentirete

Un pò più a valle di Roccamonfina, sulla dorsale nord-orientale del vulcano è ubicato il piccolo paesino di Conca della Campania con le sue caratteristiche frazioni. È un comune di circa 1200 abitanti e si trova a 420 m di altitudine.
Fondato dai monaci benedettini del vicino monastero di Montecassino, che essendo i possessori del territorio vollero far nascere in questa zona case coloniche che servissero per l'approviggionamento di derrate alimentari. Conteso a lungo tra i benedettini e il ducato longobardo di Capua, seguì le sorti del regno di Napoli dopo la conquista dei Normanni e quella del regno d'Italia dopo. Nel 1943 subì una delle più efferate rappresaglie naziste della Campania, che comportò la fucilazione di 39 civili, tra cui numerose donne e bambini. Tale sacrificio gli ha comportato la medaglia di bronzo al valor militare.
Tra i monumenti di rilievo, il Castello Principesco, edificato forse prima del X secolo ma rimaneggiato continuamente nel corso dei secoli. Il maniero con grosse torri quadrate, conserva un bel portale rinascimentale, un androne nella cui volta è conservato uno stemma gentilizio e affreschi sempre del periodo rinascimentale. Sempre nel castello è ben conservata una cappella ottocentesca, con una statua della Madonna in pregiato legno del libano del XVII secolo.
La Collegiata di San Pietro apostolo del 1500, custodisce un affresco del 1570 raffigurante l'adorazione dei Re Magi, un coro in pregiato legno intagliato, una tavola dell'annunciazione risalente al 500 ed un trittico di legno raffigurante la Madonna, S. Pietro e S. Paolo del 1519. , che custodisce un trittico con colonnine in legno intarsiate a mano.
Da visitare sono anche Palazzo Galdieri Antonone, il settecentesco palazzo Casa Saraceno e Casa mazzitelli, che custodisce pregiati mobili antichi e una biblioteca.
Da non perdere i caratteristi scorci architettonici e paesaggistici offerti dalle frazioni di Conca, come Piantoli, Cave, Catailli e Vezzara. È da non perdere inoltre, di percorrere il Sentiero dei Mulini che, da Conca Centro, attraverso il borgo, porta agli antichissimi mulini sul fosso pubblico e poi alla cascata.

Sul versante nord occidentale, a pochi km da Conca della Campania, si trova il comune di Galluccio, il cui centro, Galluccio si trova a circa 368 m di altitudine, ma con la sua moltitudine di frazioni spazia da qualche centinaio di metri di altitudine, fino ai 500 e passa metri di Sipicciano. Sorge ai piedi del Monte Camino (960 m) ed ha un clima mite, grazie alla sua buona esposizione al sole e alla brezza marina che ne mitiga la temperatura. Grazie alla mitezza del clima, il suo territorio si offre ad una intensa coiltivazione agricola e in particolare a quella della vite, producendo l'ottimo vino Galluccio con denominazione D.O.C.
Grazie alla sua posizione di confine tra Lazio e Campania, fu in passato un importante postazione strategica-militare, tanto che nel suo castello si rifugiò il re Ruggero il Normanno (primo re del quasi millenario Regno del Sud) in guerra con il papa Innocenzo II e proprio in questo castello vi fu l'incontro tra il re e il papa che lo riconobbe re, dando origine così al Regno di Sicilia, che durò per altri 800 anni fino all'annessione al Regno d'Italia. Di quello storico e grandioso castello purtroppo oggi non rimane più alcuna traccia poichè nel 1943 i tedeschi in ritirata lo fecero saltare nella speranza che le sue macerie fossero servite a rallentare l'avanzata dei carri armati alleati, ma come sappiamo a ben poco servì quella distruzione, se non a cancellare un pezzo della nostra storia e della nostra cultura.
Sulle alture nei pressi di Galluccio, intorno all'anno 900 i saraceni che si erano stanziati alla foce del Garigliano, incalzati dai principi Longobardi di Capua, crearono una loro roccaforte (infatti una delle frazioni di Galluccio si chiama proprio Saraceni), quindi l'architettura locale è, influenzata da elementi di architettura araba, come è evidente nella frazione di Sipicciano.
Nonostante le distruzioni dell'ultima guerra, Galluccio e le sue frazioni conservano ancora numerosi monumenti degni di essere visitati, come: La Collegiata di S.Stefano costruita nel XVII secolo con la volta del presbiterio decorata con un affresco raffigurante la lapidazione del Santo e l'adiacente campanile di costruzione antecedente all'edificio sviluppato su quattro piani, la chiesa di San Nicola articolata su due ambienti sovrapposti asimmetricamente una cripta inferiore che è una cisterna romana di epoca repubblicana e un vano sottostante con resti di antichi dipinti databili tra il trecento e quattrocento e alcune oper del XVIII secolo di notevole importanza artistica. La Chiesa dell'Annunziata di impianto romanico ad una sola navata risalente al XV secolo, i resti della Chiesa di San Bartolomeo, la Chiesa di Santa Maria del Trionfo con una sola navata e due cappelle laterali.
Se vi trovate a Galluccio, non potete uno fare un giro a Sipicciano, un piccolo scrigno di bellezza immerso nei castagneti, che conserva ancora il suo originario aspetto medievale e dove, tra mille vicoletti tortuosi, riscopriamo ritagli di architettura saracena ancora intatti. Oltre alla suggestiva atmosfera che si può respirare nel borgo, si può ammirare la Chiesa di Santa Maria del Trionfo d'impianto medievale, con una facciata semplice ed un portale trittico, rifatto nel 1675. L'interno presenta una sola navata, con due cappelle laterali. Nel presbiterio, al di sopra dell'altare, si conserva un polittico del XVI secolo, diviso da due colonnine tortili. La Chiesa di San Bartolomeo che è costruita su qualche antica costruzione romana con mure di terrazzamento in opera poligonale risalenti al II secolo a.c. Sono inoltre presenti alcuni palazzi signorili risalenti al XVI secolo, come Palazzo De Petrillo, Palazzo Zarone, Palazzo Contessa Cosimo e Palazzo Viccaro. Ma il più interessante tra tutti e forse Palazzo Galdieri risalente forse al XIII come riadattamento di un antico monastero di cui è ancora visibile la cappela di discreta fattura artistica.
Comunque al di là dei monumenti da visitare, Galluccio, con le sue numerose aziende vitivinicole e le sue marcate tradizioni culinarie, rappresenta un polo enogastronomico da non perdere per gli amanti del bere e della buona cucina. Segnalo alcuni agriturismi dove è possibile assagiare le specialità del luogo: Agriturismo La Risiera,  Agriturismo La Starza,  Cooperativa Lavoro e Salute,  Agriturismo San Cristoforo,  Agriturismo Le Vigne,  Agriturismo Le Arcate. Se da Sipicciano imbocchiamo la strada che porta a Ponte (frazione di Sessa Aurunca), da cui si può poi continuare dritto procedendo verso Roccamonfina, oppure svoltare a destra per andare verso Sessa e quindi sull'Appia, incontriamo una miriade di minuscoli paesini, tutti frazioni di Sessa Aurunca, dove il tempo sembra essersi fermato e senza elencarli uno per uno, vi posso solo dire che tutti godono di un panorama mozzafiato sulla piana del Garigliano e su quel pezzo di Mar Tirreno costituito dal Golfo di Gaeta. Se guardate verso destra l'occhio arriva fino a Formia, Gaeta e quando non c'è foschia fino al promontorio del Circeo, di fronte a voi l'arcipelago Pontino con le isole di Ponza e Ventotene e dall'altro lato verso sinistra, fino alla Penisola Flegrea con le isole di Ischia e Procida.

Di Sessa Aurunca, ho già accennato a proposito della zona costiera, ma in effetti occupa un territorio talmente vasto che si potrebbe collocare anche nella pagina riguardante il Vulcano di Roccamonfina, visto che sorge alle sue pendici e molte delle sue frazioni, come San Marco, San Martino, Santa Maria a Valogno, Fontanaradina, Ponte e Valogno si trovano proprio su questo monte. Ma sono talmente le bellezze artistiche e culturali di questa città che dovrei dilungarmi molto per parlarvene quà, vi rimando quindi ai siti specifici: come quello del comune, oppure questo, o al classico Wikipedia. Tra le sue frazioni, vi segnalo solo quella di Valogno, incantevole borghetto medievale a circa 400 m di altezza sulla strada che da Cascano (altra frazione di Sessa Aurunca) porta a roccamonfina. Il piccolo borgo oltre ad offrire suggestivi scenari di architettura e di storia e stato recentemente abbellito con degli splendidi murales in corrispondenza delle abitazioni e delle stradine più caratteristiche che rendono più colorato e vivo lo scenario. Per vedere solo qualche piccolo scorcio di Sessa Aurunca e di Valogno potete guardare questo servizio di Sereno Variabile.

Altra piccola perla di bellezza, custode di inestimabili tesori storici, culturali e archeologici, è Teano. Situato alle pendici del vulcano sul lato meridionale, Teano è un comune di circa 12.000 abitanti, di antichissime origini.
Come testimoniano i numerosi reperti rinvenuti, il territorio fu abitato fin dalla preistoria e in periodo storico fu la capitale dei Sidicini, antico popolo italico di origine osca. Da quanto raccontato da Livio furono proprio i Sidicini la causa della prima guerra sannitica. Finiti infatti nelle mire dei Sanniti, che impadronendosi di Teano, avrebbero avuto il dominio sulla sua fertile pianura e si sarebbero aperti un varco verso il mare e le ricche città aurunche si Suessa e Sinuessa, i Sidicini non riuscendo a difendersi da soli contro un nemico molto più numeroso e militarmente meglio organizzato, si rivolse ai Campani, che avevano come capiale Capua, anch'essi di origine Sannitica, ma che si erano ormai urbanizzati con la conquista precedente della fertile pianura Campana e con il contatto con le colonie greche della costa e che mal sopportavano i loro parenti montanari che ambivano sempre a riconquistare la pianura per trovare pascoli migliori per le loro mandrie. Ma i Campani e Sidicini furono ripetutamente sconfitti dai Sanniti e si rivolsero quindi a Roma, che ebbe così il pretesto per infrangere il patto di non belligeranza con i Sanniti e impadronirsi a sua volta delle fertili terre campane. Dopo la prima guerra sannitica, ci fu un trattato di pace tra romani e sanniti e ridefiniva i confini facendo passare Teano sotto il controllo dei Sanniti. Sembra che qualche anno più tardi, nel 340 a.c, Teano attaccò Suessa (odierna Sessa Aurunca), capitale degli Aurunci che ormai era finita sotto il controllo romano, costrigendo gli abitanti alla fuga. Questo diede il pretesto ai Romani di attaccare e conquistare Teano, che finì così sotto la giuristizione di Roma. Da allora la città restò sempre fedele ai romani, anche quando Annibale ne devastò il territorio. Questa fedeltà fece godere la città di molti privilegi, come la cittadinanza romana e il permesso di coniare moneta propria. Secondo Strabone la città ebbe un grande sviluppo urbanistico sotto il dominio di Roma, divenendo la seconda città dell'entroterra campano dopo Capua e raggiungendo al culmine del suo splendore una popolazione di circa 50.000 abitanti. Divenne sede Episcopale nella prima metà del IV secolo e lo è tutt'oggi.
Dopo la caduta dell'impero romano fù contea Longobarda, dipendente dal ducato di Capua, divenendo contea indipendente dal 981. Nel IX secolo, in seguito alla distruzione del monastero di Montecassino ad opera dei saraceni, ospitò per circa trent#39;anni i monaci benedettini, che portarono da Montecassino anche i loro tesori e la pergamena della regola benedettina, che andò distrutta in seguito ad un incendio nel monastero che li ospitava.
Dopo la conquista del sud Italia da parte dei Normanni, seguì le sorti del regno del sud (prima regno di Sicilia, poi Regno di Napoli e infine Regno delle due Sicilie) ed ebbe un ruolo importante proprio nella fine di questo regno, quando il 26 ottobre 1860 nel territorio di Teano, vi fù lo storico incontro tra Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II, che sancì l'esautoramento della spediozione dei mille e l'ingresso ufficiale in scena del Piemonte, che fino ad allora aveva sempre agito dietro le quinte senza mai prendere apertamente posizione.
Oggi Teano conserva innemerevoli tracce del suo illustre e millenario passato. Dei Sidicini, sono state rinvenute numerose necropoli (di Carrano, del Fondo Ruozzo, di Orto Ceraso, di Gradavola, di Torricelle) di cui i corredi funerari rinvenuti sono oggi esposti nel Museo Archeologico di Teanum Sidicinum e sempre dell'epoca sidicina è il Tempio di Loreto del VI secolo a.c. Il tempio fu inglobato nelle mura urbane e ampliato nel periodo romano. Ma l'opera più imponente del periodo romano resta il Teatro, costruito nel I secolo d.c. e ampliato nel secondo secolo sotto Settimio Severo. Con i suoi circa 36 metri di altezza delle gradinate e 85 m di diametro, il Teatro Romano di Teano è uno dei più grandiosi teatri romani mai portati alla luce.
Il periodo medioevale è testimoniato innanzitutto dal suggestivo borgo medioevale, dove si snodano stradine strette e scalinate che si innestano con scalinate che conducono nei punti più alti della città (tra le quali una stradina di appena 55cm di larghezza). Le case costruite una vicina all'altra sono adornate con antichi portali e stemmi nobiliare. Si nota anche il più recente stile catalano.
Tra le chiese, la più caratteristica è l'antica basilica paleocristiana di San Paride ad Fontem, così denominata perchè sorge su un'antica cisterna di espoca romana. La Chiesa risalente al IV-V secolo, a corpo unico senza campanile. L'interno è costituito da tre navate e la parte retrostante l'altare è abbellito con bellissimi affreschi ritraenti il mito di San Paride e il dragone.
L'attuale cattedrale invece, sita all'interno delle mura, fù fatta costruire tra il 1050 e 1156 dal vescovo Guglielmo (terminata sotto il vescovo Pandulfo), fù distrutta dai bombardamenti alleati, il 6 ottobre 1943. Si presenta oggi in stile neo-romanico e conserva dell'antico edificio: il coro ligneo, il pulpito e un crocefisso. La cripta ospita il museo diocesano.
La Chiesa di San Benedetto, è forse la più antica all'interno delle mura. Fù nel IX secolo insieme all' annesso convento nel quale si rifugiarono i monaci benedettini dopo la distruzione della loro abbazia di Montecassino. All'interno presenta dodici colonne di marmo e granito, che sorreggono capitelli di spolio proveniente da edifici di epoche precedenti.
Il Monastero di Santa Caterina del XV secolo, non accessibile perchè oggi ospita le suore benedettine di clausura. È possibile però, visitare la bellissima chiesetta con il suo coro monastico, una pregevole statua lignea della Madonna, una tela raffigurante il martirio di Santa caterina e un bellissimo coro in oro zecchino, con antico organo a canne.
Il Santuario di Sant'Antonio del XV secolo, con annesso convento francescano. Fatto costruire da San Bernardino da Siena è dotato di un bel chiostro tardogotico interamente scolpito in tufo grigio con capitelli decorati in stile catalano.
Il Monastero di Santa Reparata del IX secolo, conserva le reliquie della Santa cooprotettrice di Teano.
La Chiesa di Santa Maria la Nova, in stile romanico, con campanile anch'esso in stile romanico, ospita l'antico altare della cattedrale. Nella piazza antistante la Chiesa si trova la fontana che un tempo abbelliva la piazza del duomo.
Del Castello di epoca Longobarda, ma rimaneggiato nel corso dei secoli, oggi restano solo le mura perimetrali esterne, costruite con elementi di spoglio di altri edifici più antichi, e sono ancora visibili le due torri, mentre gli edifici interni alla città sono stati adibiti a civili abitazioni.
Il Loggione Cavallerizzo edificato nel XIV secolo dalla famiglia Marzano, con grande sala a due navate, utilizzata come tribunale o sala d'armi. I piani superiori dell'edificio crollarono del XVII secolo in seguito ad un violento terremoto, lasciando un'ampia terrazza panoramica. Il grande salone del logione ospita oggi il Museo Teanum Sidicinum. Lo storico palazzo Caracciolo de Gemmis costruito dai principi Caracciolo di Pettonarello, che nel 1860 ospitò il re Vittorio Emanuele II. Nel periodo estivo la città ospita l'importante rassegna: Teano Jazz presso il loggione, la rassegna teatrale: Teatri di Pietra nel teatro romano e vari eventi enogastronomici. Ogni anno dal 10 al 13 giugno si tiene la Fiera di S. Antonio e da alcuni anni si sta tenendo il Cioccolateano, organizzato dalla proloco e che sta riscuotendo parecchio successo soprattutto tra i giovani.

A pochi chilometri da Teano, sulla via Appia, è situato il piccolo comune di Francolise. Il paesino di circa 5.000 abitanti è inerpicato su un piccolo colle, è sovrastato da un imponente castello medievale, costruito probabilmente nel XIII secolo dai Normanni e che ha ospitato personaggi illustri come il cardinale Benedetto Caetani prima che diventasse papa con il nome di Bonifacio VIII. Nel 1647 divenne rifugio del brigante "Papone" e durante il perido borbonico fu visitato dal re Carlo III e dalla sua consorte. Oggi per quanto in stato di degrado (anche se è in programma una ristrutturazione), si presenta ancora in tutta la sua imponenza, conservando ancora numerosi bassorilievi.
Di notevole interesse artistico è la Chiesa di Santa Maria a Castello, costruita verso la fine del XIV secolo, caratterizzata da un portale con rosone in stile romanico e che all'interno conserva un altare settecentesco, affreschi di scuola giottiana della Madonna del Cardellino e della Pietà e una statua lignea di epoca angioina della Madonna in Trono con bambino. Nella zona di Francolise sono state recentemente portate alla luce due importanti ville romane, una rustica ed una urbana, risalenti al periodo che va dal II secolo A.C. al II secolo D.C. Alcuni ambienti delle due ville hanno pavimenti costituiti da sontuosi mosaici e la villa rustica possedeva anche un frantoio per la produzione dell'olio di oliva e un forno per la cottura dei laterizi. Le due ville sono visitabili su prenotazione.
Nella frazione di Sant'Andrea del Pizzone si trova la Chiesa della Madonna delle Grazie, che conserva tracce di affreschi bizantini e nella vicina frazione di Ciamprisco si trova la Chiesa di Sant'Andrea di epoca medioevale, costruita con elementi di spoglio di qualche antico tempio romano, che qualche studioso attribuisce al culto del Dio Mitra, che forse sorgeva proprio nel luogo ove adesso si trova l'attuale chiesa. La chiesa presenta anche un ambiente sotterraneo con sedili in muratura dove probabilmente venivano messi a scolare i cadaveri dei monaci che gestivano l'antico mulino ad acqua (in funzione fino agli anni 40/50 del secolo scorso), sito a poche centinaia di metri dalla chiesa.
Nella frazione di Montanaro si trovava il sontuoso Palazzo baronale De Renzis, fatto costruire nel 1568 dalla famiglia De Renzis discendente da Cola di Rienzo. Il palazzo fu distrutto nel 1943 dai tedeschi in fuga ed oggi al suo posto sorge un moderno bed&breakfast, che conserva però quasi intatto il lussureggiante parco, costituito da ottocenteschi cedri atlantici, e alberi secolari di conifere, lecci e allori. Da questo parco gli appassionati di natura possono seguire il percorso Montanaro-Monte Maro-Acquavivola attraverso boschi di macchia mediterranea.

Percorrendo la strada che da Teano porta alla Casilina, antica via Latina che collegava Roma con Casilinum (odierana Capua), l'antico porto fluviale di Capua, si incontra il piccolo comune di Caianello, importantissimo nodo stradale in quanto dotato di svincolo autostradale sulla A1 (Roma-Napoli), da questo comune ha inizio la strada statale 372, meglio nota come Telesina, moderna superstrada che attraversa parte dell'alto casertano e tutta la provincia di Benevento, giungendo fino al capoluogo, è a ridosso della strada statale Casilina in prossimità dello svincolo con la SS85 che porta in Abruzzo. Oltre ai suggestivi scorci di panorama, che fanno spaziare l'occhio sul monte maggiore, sul Matese e sulla Piana del medio Volturno, nel piccolo paesino si trovano i ruderi di un antico castello, nelle campagne circostante resti dell'antica Via Latina, importanti resti archeologici si trovano in località Judea, dove si trova il castello, ed è possibile ammirare anche un antico ponte, probabilmente di epoca romana. Di notevole interesse artistico e architettonico sono le chiese di San Michele Arcangelo del 1300, Santo Stefano Protomartire nella frazione di Aoirovola costruita intorno alla fine del XII secolo, con un notevole campanile maiolicato e la chiesa di San Vincenzo ed Anastasio. Da visitare la Grotta di San Donato e San Isodoro del 200 d.c che conserva importanti affreschi di epoca paleocristiana. Meritano inoltre una visita il bosco della Monaca, la Fontana di Giove Giano e i borghi di Aorivola e Gaudisciano.

Sempre sul crinale est del vulcano, un pò più a nord di Canaiello si trova il comune di Marzano Appio, di circa 2500 abitanti e a circa 320 m di altitudine slm.
Nonostante non si abbiano notizie certe, il ritrovamento di ville rustiche in località Sarcioni e la posizione strategica, lascia supporre che il territorio di Mazzano Appio, fosse frequentato già in epoca pre-romana. Sicuramente doveva esservi un centro urbano in epoca romana dato che nel suo territorio, sulle rive del Lago delle Corree si svolgeva il mercato del sale, dove i romani vendevano il sale ai popoli confinanti (Sanniti, Osci, Sidicini, Aurunci). Lo stesso nome del paese lascia intendere che "Marzano" sia dovuto alla famiglia dei Marzano di cui è stato a lungo feudo nel medioevo e "Appio" a un precedente villaggio di epoca romana forse fondato dallo stesso Appio Claudio.
Il comune è costituito da un centro (Marzano Appio) e tanti piccoli borghi sparsi nel territorio. Si tratta di stupendi paesini immersi nel verde, dove la mattina ci si può ancora svegliare con il canto del gallo, dove si possono fare lunghe passeggiate nei boschi alla ricerca di funghi, tartufi, asparagi, castagne e dove si possono incontrare ruscelli, laghetti e fonti di acqua purissima che sgorgano direttamente dalle viscere del vulcano.
Nel centro di Marzano si trova la Chiesa dell'Annunziata con una facciata caratterizzata da un grazioso rosone. Semidistrutta durante l'ultimo conflitto mondiale, fù completamente ricostruita nel 1956.
Nella frazione di Terracorpo, su un altopiano che domina tutta la valle sottostante, si trova il maestoso Castello di Terracorpo, di cui si trova un'esplicita menzione già nel 1278. Anche se la funzione originaria doveva essere quella difensiva, come testimoniano le due torri rettangolari dal coronamento merlato, l'aspetto attuale è più quello di palazzo nobiliare del XVI secolo, che di fortezza militare. Il palazzo a pianta rettangolare presenta una facciata quasi intatta in cui è possibile ammirare i particolari ornamentali delle finestre che ricordano la produzione archittettonica napoletana del XV secolo.
Adiacente al castello si trova la Chiesa di Santa Maria Maggiore edificata nel XII secolo, ma più volte ristrutturata nel corso dei secoli. L'attuale aspetto è quello conferitogli dagli interventi del 500 e quelli di epoca barocca. La facciata presenta un portale in tufo, arricchito da un bassorilievo raffigurante la Madonna con Bambino. Ai lati dell'ingresso vi sono due nicchie che custodiscono le immagini dei SS Pietro e Paolo.
Adiacente alla chiesa ma ad un livello più basso, si trova la Cappella della SS Trinità di epoca rinascimentale. La cappella presenta nella facciata un interessante portale in tufo, ornato con dei pilastrini e capitelli con motivi vegetali.
Interessante anche la Cappella del Carmine in località Valle Cupa in cui i lavori di restauro fatti nel 1967 hanno portato alla luce affreschi del XV secolo.
Nella frazione di Ameglio si può ammirare la Chiesa di San Giacomo Apostolo, di particolare interesse per la sua facciata in calcare racchiusa tra due campanili.
Nella frazione di Campagnola è da ammirare la bella chiesa di San Pietro e Paolo, edificata forse nel XVII secolo, la cui facciata presenta un antichissimo orologio a muro. Nei boschi, intorno alla frazione di campagnola, esistono 3 fonti di acqua purissima e precisamente quelle di: Pantaniello,Turzucardillo e la cosiddetta Fontana Santa.
In località Sarcioni è possibile ammira un tratto dell'Antica via Latina (l'odierna Casilina), in basolato lavico.
Vale la pena fare un'escursione al Lago delle Corre, piccolo lago di origine vulcanica, che presenta un ambiente floro-faunistico davvero unico.

Se da Marzano Appio imbocchiamo la SS Casilina, direzione Roma, dopo pochi km troviamo sulla destra l'ndicazione per Presenzano, comune di circa 1700 abitanti sito alla pendici del Monte Cesima, confine tra Campania, Lazio e Molise.
Il paese sito a circa 370 m di altitudine, vanta origini antichissime, infatti sorge in prossimità dell'antica città Sannita di Rufrae, come è testimoniato dalle numerosi necropoli risalenti al VI-III secolo a.c rinvenute in zona e le mura megalitiche che si possono notare nei pressi dell'antico castello medievale.
Durante il periodo romano non sappiamo se l'antica Rufrae fu complatemente abbandonata per spostarsi più in pianura; o continuarono ad esistere sia la vecchia città sita sulle alture del Colle San Leonardo che un nuovo insediamento più a valle, ma è certo che in tale periodo esistesse anche un insediamento nei pressi della Via Latina, come evidenziato dai resti di un teatro romano, di un acquedotto ed altri indizi rinvenuti. Tale città era abbastanza conosciuta in epoca romana, in quanto grazie alla facilità di reperimento di pietra lavica vi si producevano macine per frantoi.
A casua dell'anarchia politica e militare che regnava nell'ex impero Romano, nel medio evo, per meglio difendersi dagli attacchi di barbari e saraceni che scorazzavano in zona, la città si spostò di nuovo a monte e il castello di epoca Longobarda che si trova nella parte più alta del paese fu costruito sfruttando come parte della recensione muraria le mura megalitiche dell'antica fortezza Sannita.
Con le dominazioni Normanna, Sveva, Angioina e Aragonese, Presenzano faceva parte del feudo di Vairano, ma nel 1500, fù venduto alla famiglia De Balzo e quindi da quel secolo diventò una baronia a parte. Per chi fosse interessato alla storia della famiglia Del Balzo e la loro baronia su Presenzano, può guardare questo Video: La Storia del Castello di Presenzano.
Nel periodo post unitario Presenzano fù interassata fortemente dal fenomeno del brigantaggio, visto che i briganti trovavano rifugio sull'inaccessibile Monte Cesima e durante l'ultimo conflitto mondiale fù quartier generale delle truppe americane comandate dal generale Clark bloccate dalla stenua resistenza tedesca sulle alture di Montecassino.
Da vedere a Presenzano, ci sono i ruderi del Castello Medievale, edificato forse nel IX secolo sotto la dominazione Longobarda, ma rimaneggiato durante i periodi Normanno, Svevo e Aragonese. Nei pressi del castello si trovano le Mura Megalitighe di forma poligonale di una fortezza di epoca Sannita appartenente alla città di Rufrae.
Le necropoli del VI e IV secolo con il cospicuo arredo funerario che oltre alla tipica impronta Sannitica evidenzia anche influssi greco-etruschi, ad evidenziare che la città di Rufrae fosse un avamposto di frontiera e in quanto tale a stretto contatto con i popoli confinanti . Nella zona delle necropoli e stato riportato alla luce anche un tempio sempre del periodo Sannitico.
Il piccolo Anfiteatro di età augustea, riportato alla luce solo di recente in località San Felice e solo parzialmente esplorato e i resti di un acquedotto sempre del periodo romano.
Nel piccolo e caratteristico centro storico di impianto medievale, è possibile visitare il Palazzo Ducale dei De Balzo, del XVII secolo. All'ingresso si possono notare due sculture raffiguranti lo stemma della famiglia De Balzo e del comune di Presenzano, mentro all'interno vi sono dipinti e mobili del XVII e XVIII secolo.
Merita sicuramente una visita la Chiesa di San Nicola, costruita in stile romanico intorno all'anno mille, ma più volte rimaneggiata nel corso dei secoli, ma che nonostante ciò conserva affreschi e particolari architettonici risalenti al periodo della sua costruzione. La chiesa madre di Presenzano, attualmente è quella della Anninziata del XV secolo, ma anch'essa più ritoccata ne corso secoli.
Per gli amanti della natura è possibile fare escursioni sul Monte Cesima. prima area d'Italia denominata da un comune e precisamente quello di Mignano Montelungo, come area "wilderness, cioè Area Selvaggia, cioè area dove non è possibile costruire strade, ponti, ferrovia, centrali eoliche e qualsiasi altra struttura che alteri o intacchi il paesaggio.
Nella diga costruita dall' per la sua centrale elettrica è possibile praticare sport acquatici, come nuoto, pallanuoto, vela, canottaggio e altri sport da praticare in acqua.

Di fronte a Presenzano, dall'altro lato della Casilina e cioè alle pendici del vulcano di Roccamonfina sorge un altro piccolo paesino (circa 1000 abitanti): Tora e Piccilli.
Si tratta in effetti di due paesi: Tora e Piccilli, il primo più a monte, il secondo più a valle, che formano un unico comune e incastonati anch'essi, come gli altri borghi sul vulcano, nel suggestivo e verdeggiante paesaggio del luogo.
La presenza dell'uomo fin dalla preistoria nel territorio del comune di Tora e Piccilli è come vedremo più ampiamente documentata, mentre in periodo storico possiamo dire che sicuramente anche questi paesini, come presenzano, traggono origine dalla vicina città sannitica di Rufrae. Ovviamente anche se ogni comune ha una storia a se, tutti poi anche se con alterne vicende seguono il cursus storico del territorio cui appartengono, quindi anche Tora e Piccilli, come i paesi vicini, nel III secolo a.c passò sotto la dominazione dei romani e dopo la caduta dell'impero dovette vedere sul suo territorio il passaggio degli eserciti barbari che scorazzavano per la penisola saccheggiando e depredando campagne e città. Nell'ottavo secolo d.c tutta la zona passa sotto il controllo dei Longobardi ed è probabilmente in questo periodo che nascono gli attuali centri abitati di Tora e di Piccilli, anche se le prime notizie storiche sugli attuali centri abitati risalgono al XII secolo, periodo in cui è stata costruita la torre medievale posta nel centro storico di Tora (che oggi fa parte dell'iconografia del comune), all'interno di un'area fortificata e con la presenza di un Castrum Torae citato in alcuni documenti dell'epoca.
Durante i secoli che vanno dall&inizio della dominazione Normanna (XII secolo) fino al 1807, anno dell'eversione dalla deudalità, il comune fu feudo di numerosi casati nobiliari, tra cui spiccano i Marzano, Galluccio e Filangieri. Durante il periodo fascista, e precisamente nel 1942, nel comune di Tora e Piccilli vengono deportate alcune famiglie di ebrei, circa 200 persone, destinate dalle leggi raziali al lavoro coatto. Queste persone si integrano facilmente con la gente del posto che si dimostrò da subito accogliente e solidale con queste persone che erano state strappate ai loro affetti e ai loro averi. Quando nel 43 dopo l'armistizio dell 9 settembre, quando i tedeschi da ex alleati diventarono occupanti del territorio italiano e si presentarono a Tora per rastrellare questi ebrei e deportarli nei campi di concentramento, la popolazione locale (incluso il podestà) li fece nascondere nei boschi, nutrendoli finchè non sopraggiunsero le truppe alleate a salvarli. Questo atto di grande solidarietà e coraggio ha regalato al paese la medaglia d'oro al merito civile conferitagli nel 2005.
Tra i monumenti che meritano di essere visti a Tora e Piccilli vi è sicuramente la Torre Medievale costruita dai normanni tra la fine del XI e la seconda metà del XII secolo. Posta al centro di una struttura fortificata, intorno al quale si è sviluppato il centro storico di Tora, essa si presenta a pianta quadrata e discretamente elevata da poter dominare l'intera vallata sottostante. Sulla sommità presenta una cella campanaria che custodisce un campanone, fuso da maestranze napoletane sul posto, datato 1888. Quasi in cima, al di sopra del finestrone della cella campanaria è presente un antico orologlio do cui non si conosce la data.
L'antica Chiesa e Convento di Sant'Antonio, situato nella contrada di Margherito ed equidistante dai borghi di Tora e di Piccilli, fù costruire dal duca Domenico Galluccio nel 1709 ed affidato ai padri cappuccini. Sulla facciata esterna, al di sopra del portale d'ingresso conserva un mosaico maiolicato raffigurante Sant'Antonio con in braccio il bambino. All'interno conserva numerosi dipinti del 700 napoletano e sulla volta della chiesa un affresco del 1954 firmato F. Damiano, cappuccino di Milano. Oggi il convento appartiene all'Oasi della Pace, una congregazione mariana che ne ha fatto casa di postulandato e noviziato.
Chiesa di San Simeone, esistente già nel 1152, fu ricostruita intorno al 1700 sui ruderi dell'antico castello ed &grave dedicata all'omonimo Santo protettore del paesino di Tora. L'interno è abbellito da decorazioni in stucco e notevoli opere pittoriche della scuola napoletana del Settecento. Il presbiterio conserva un coro ligneo intarsiato d’ignoto intagliatore campano del 1700.
Chiesa di San Giovanni Evangelista, è tra i più grandi edifici di culto della diocesi Teano-Calvi e si trova a Piccilli. Era sicuramente esistente nel 1676 in quanto documentato, la leggenda vuole che fi fatta costruire dalla regina di Napoli Giovanna D'Angiò, che attraversando il territorio di Piccilli, forse per un viaggio, fu presa dalle doglie e partorì nel villaggio. Fece costruire la Chiesa per ringraziamento al signore e agli abitanti di Piccilli per la loro ospitalità. L'aspetto attuale della chiesa è tardo barocco e conserva all'interno alcune tele del 700.
Chiesa di Sant'Andrea Apostolo tardo medievale. Essa si trova nella frazione Foresta e presenta un portale in tufo sormontato da una lunetta in cui è raffiguta l'effige si Sant'Andrea. Dietro l'altare conserva parte di un antico affresco raffigurante un Cristo Pantocratore e una Vergine con Bambino.
Da vedere anche la Chiesa di San Filippo e Giacomo e il Palazzo Ducale entrambi di epoca rinascimentale.
Ma a parte tutti i monumenti che il comune può contenere, ciò che rende questo comune unico e da visitare assolutamente è il sito paleontologico delle Ciampate del Diavolo (Orme del Diavolo), orme di ominidi impresse su una fanghiglia vulcanica ancora tiepida e non ancora solidificata completamente, che solidificando ha permesso alle impronte di conservarsi fino a noi. Si tratta di oltre cento impronte umane (di piedi ma anche di mani), databili tra i 385.000 e i 325.000 anni fa (come stabilito dagli studi sulla solidificazione delle rocce sulle quali sono impresse) e rappresentano le più antiche impronte umane rinvenute in tutto il pianeta, più antiche di circa 300.000 anni rispetto all'uomo di Neandertal.
Per farvi un'idea più realistica del paese di Tora e Piccilli e delle famose Ciampate del Diavolo vi consiglio di guardare questo video.

Circa 10 km più a nord di Tora e Piccilli si trova il comune di Mignano Monte Lungo. È un comune di circa 3200 abitanti ai confini con il Lazio, attraversato dalla S.S Casilina e incuneato in una stretta vallata tra il Vulcano di Roccamonfina, il Monte Cesima e Monte Lungo.
Come gli altri comuni della zona subì la storia e i vari popoli che dominarono quel territorio. Inizialmente Sidicini e Aurunci si contesero il territorio, poi sembra che la zona sia stata abitata dagli Etruschi finchè non passò sotto il dominio dei Sanniti e infine dei Romani. Dopo la caduta dell'impero romano tutto il territorio appartiene al ducato Longobardo di Benevento che lo ingloba nella contea di teano. Nel 1137 con la caduta del ducato di Napoli (ultimo stato indipendente del sud Italia) per mano dei Normanni, si forma il Regno del Sud, che durerà per ben otto secoli e di cui anche Mignano seguirà le sorti.
Vi risparmio l'elenco di tutti i feudatari che fino al 1806 possedettero Mignano segnalando solo che il periodo di massimo splendore della città fu tra il 1495 al 1581, quando il feudo appartenne alla famiglia Fieramosca di Capua, il cui membro più illustre fu proprio il famoso Ettore della disfida di Barletta.
Passando alla storia più recente nel periodo post unitario, il territorio di Mignano, fu fortemente caratterizzato dal fenomeno del brigantaggio, che si concluse solo la notte del 30 agosto 1868, quando le truppe comandate dal generala Pallavicini, avvisato da un informatore dalla presenza dei briganti in un casolare di Mignano, catturano e fucilarono la banda del brigante Francesco Guerra di Caspoli (frazione di Mignano), violentando ripetutamente e trucidando anche la sua donna: Michelina de Cesare, di soli 27 anni, anch'essa di Caspoli.
Segnalo questi due link per chi volesse approfondire la storia su Michelina de Cesare e del brigantaggio nel territorio di Mignano.
Ma il periodo storico che più ha segnato questo paese e ne ha fortemente condizionato l'aspetto e il futuro sviluppo è sicuramente quello dell'ultimo conflitto mondiale e precisamente quei quattro mesi che vanno dall'8 settembre, giorno in cui l'Italia dichiarò la sua uscita dal conflitto al 17 dicembre 1943, giorno in cui gli italiani cacciarono i tedeschi da Monte Lungo, liberando così il paese dagli invasori. In prospettiva dell'avanzata degli alleati lungo lo stivale, i tedeschi che avevano fatto della linea immaginaria che dalla foce del Garigliano passando per Cassino e raggiungendo attraverso i monti dell'Abruzzo e del Molise la costa adriatica la loro linea difensiva, denominata Linea Gustav, sperando così di fermare, o perlomeno ritardare, l'avanzata delle forze alleate verso Roma, avevano bisogno di avamposti a questa linea, che logassero ancora di pi' le truppe alleate, e ne ritardassero ancora di più l'avanzata. Già dalla fine di agosto le truppe tedesche (ancora nostre alleate), iniziarono a creare una barriera difensiva sulle alture che circondavano Mignano. Dopo l'8 settembre, le truppe tedesche occuparono militarmente Mignano costringendo i suoi abitanti a lavorare per le loro fortificazioni. Alcuni furono mandati direttamente sui monti a scavare trincee e costruire fortini, altri erano costretti a servirli a valle facendo turni di guardia ai cavi delle loro linee telefoniche e altri ancora furono mandati nei campi di lavoro in Austria e Germania. Ovviamente erano tutti ordini categorici ai quali non ci si poteva opporre e per qualsiasi atto di insubordinazione la pena era la morte. Molte furono le vittime tra la popolazione di Mignano, come il caso del giovane Antonio Zenga di soli 21 anni, che per aver tentato di dileguarsi mentre era di turno nella guardia della linea telefonica fu barbaramente freddato da un colpo di mitra sotto gli occhi della giovane moglie. I sopprusi e le prepotenze dei tedeschi esasperarono molto la popolazione e quando dopo la battaglia del Volturno iniziò a diffondersi la voce dell'arrivo imminente degli americani iniziarono anche gli atti di sabotaggio alle linee telefoniche tedesche. Fu così che gli invasori decisero di evacuare completamente il paese e di radere al suolo tutte le sue abitazioni. Il 29 ottobre fu emanato il bando di sgombero del paese e il giorno stesso iniziarono a far brillare tutte le abitazioni. Ci furno anche casi in cui le case saltassero prima che gli abitanti si fossero allontanati, come una casa in Via Fiume dove morì un bambino di 8 anni sotto le macerie. Furono abbattute l'85% delle case del paese inclusi monumenti e chiese, tra questi anche il magnifico castello e per quanto ci possa sembrare imponente quello che oggi possiamo vedere di questo edificio, è solo una piccolissima parte di quella che era l'originaria costruzione. Ovviamente alle demolizioni fatte dai tedeschi si aggiungevano quelle fatte dai bombardamenti aerei degli americani, quindi si può facilmente intuire che pochissime furono le costruzioni che in quel periodo riuscirono a salvarsi.
Quando in Novembre finalmente arrivarono gli alleati, la situazione non migliorò affatto, anzi peggiorò in quanto i tedeschi avvantaggiati dalle pioggie che impedivano alle truppe alleate di usare mezzi corazzati, difesero il territorio centimetro per centimetro, costringendo gli alleati ad una estenuante guerra di logoramento e Mignano fu ancora una volta vittima dei colpi di artiglieria delle contrapposte fazioni.
Le angherie devastazioni della città ebbero termine il giorno 16 dicembre quando finalmente il rinato esercito italiano, dopo un primo tentativo fallito l'8 dicembre, diede prova di coraggio e preparazione, cacciando i tedeschi da Monte Lungo, in quella che fu la sua prima battaglia dopo l'8 settembre.
Questa potrebbe sembrare una barzelletta, ma le distruzioni continuarono anche dopo la cacciata dei tedeschi, quando agli inizi di aprile una troupe cinematografica al seguito delle truppe neozelandesi per simulare una battaglia condotta dalle proprie truppe contro le fortificazioni tedesche di Montecassino, distrusse con un carro armato e con l'artiglieria alcune delle poche abitazioni di Mignano che ancora restavano in piedi.
Gli immani sacrifici che il paese ha dovuto sostenere durante questo periodo della seconda guerra mondiale gli hanno fatto attribuire la Medaglia d'oro al Valor Militare e Medaglia d'oro al Merito Civile.
Quando ormai la guerra era alle spalle, le abitazioni civili ormai tutte ricostruite (anche se il patrimonio storico e artistico della città era definitivamente perduto) e anche in Italia con la costruzioni di infrastrutture si avviava a quello che doveva essere il boom economico degli anni 60, un'altra tragedia si abbatte sulla nostra cittadina. Era il 25 marzo del 1952, quando a Cannavinelle una località ai confini tra il comune di Mignano e quello di Sesto Campano (IS), in una galleria che l'enel stava scavando tra i due comuni, ci fu una tremenda esplosione in cui persero la vita 41 operai. Di questa tragedia, nota come La tragedia di Cannavinelle, non ne avevo mai sentito parlare e solo per caso parlando con un abitante del luogo ne sono venuto a conoscenza. È strano come i mezzi di informazione parlino di tragedie avvenute in altri paesi, come quella di Marcinelle (anche se in quel caso le vittime furono molte di più) e su quelle di casa nostra dopo che i primi tempi veniamo martellati dai mezzi di comunicazione, fino a far passare la voglia di accendere la televisione, dopo un pò finiscono inesorabilmente nel dimenticatoio e nessuno le ricorda più se non i diretti interessati.
Oggi fortunatamente la città è rinata, si è lasciata alle spalle tutte le sue tragedie ed ` una ridente e accogliente cittadina. Vi segnalo, a proposito della sua accoglienza, una sagra che si tiene ogni anni un sabato a ridosso del 11 Novembre, San Martino (quest'anno, 2013, ad esempio, c'è stata il 16): Inno al Vino Novello, che per le specialità che preparano, per l'aria che si respira, per il calore della gente, è la sagra più bella tra tutte quelle alle quali ho partecipato.
A perenne ricordo delle vittime della guerra di liberazione in Italia, in questo paese che ne è stato un po il simbolo, nel 1951 fu inaugurato il Sacrario Militare, ubicato lungo la via Casilina proprio alle pendici di quel Monte Lungo, che tanto sangue costò alla popolazione civile e ai giovani dell'appena ricostituito esercito italiano. Nel cimitero sono raccolte 974 salme provenienti un pò da tutta Italia di militari morti tra il 1943 e 1945. 65 delle quale sono ignote. L'organizzazione del sacrario ricalca un pò lo stile di quello di Redipuglia, esso sale a scaloni lungo lungo il crinale della montagna e alla sommità della scalinata cè una cappella ai cui lati ci sono i loculi dei morti durante le due battaglie (8 dicembre e 16 dicembre) di Monte Lungo. Al centro della cappella sorge un altare in marmo scuro, sormontato da un pregevole altorilievo di marmo bianco scolpito dallo scultore Canonica che riproduce un soldato morente nella visione del Cristo Redentore. Nell'emiciclo dell'ultimo ripiano è stata sistemata la salma del generale Umberto Utili fervente animatore della partecipazione italiana alla guerra di liberazione.
Di fronte al sacrario dall'altro lato della Casilina si trova il Museo del Sacrario Militare, che contiene armi, mezzi corazzati, documenti, foto, tutti riguardanti la partecipazione dell'esercito italiano alla guerra di liberazione del nostro territorio.
Sotto la casa comunale è stato allestito il Museo del II Risorgimento, che contiene reperti bellici riguardanti i combattimenti che si sono avuti su Monte Lungo in quei drammatici giorni del Dicembre 1943.
Da quanto detto a proposito delle devastazioni subite da Mignano tra i mesi di settembre e dicembre del 43 si evince che dell'antico centro storico e di quello che doveva essere un caratteristico borgo medievale ormai rimane ben poco se non la dignità di persone che hanno saputo soffrire in silenzio e sempre in silenzio hanno saputo risollevarsi fino a creare dalle macerie una nuova e accogliente cittadina.
Nonostante i danni subiti durante l'ultima guerra il Castello Fieramosca si presenta ancora in buono stato ed evidenzia in modo chiaro le sue caratteristiche architettoniche di antica fortezza e palazzo gentilizio del rinascimento. Nonostante le prime notizie che si hanno su di esso risalgono al XII secolo, l'aspetto attuale è quello conferitogli dalla radicale ristrutturazione voluta dalla famiglia Fieramosca nel XVI secolo, quindi anche se sono evidenti le stratificazioni dei secoli precedenti esso si presenta con due torri cilindriche ai lati e una a base quadrata al centro. Le finestre sono in stile catalano carateristico del periodo di dominazione aragonese. La struttura è costruita quasi interamente in tufo locale.
Delle antiche mura difensive e delle porte di accesso al paese oggi è rimasta solo Porta Fratte, costruita intorno al 1160 ed è stata recentemente restaurata.
La chiesa madre è Santa Maria la Grande del XVI secolo, che si trova in P.zza Don Pezzoli, al centro del paese.
Chiesa dell'Addolorata, nella frazione di Campozillone conserva una statua dell'Immacolata risalente al XVIII secolo.
Chiesa di Sant'Andrea nella frazione di Caspoli, conserva una statua lignea di Sant'Antonio e una ottocentesca raffigurante la Madonna con Bambino.

Ma se c'è un paese in provincia di Caserta che dalla II guerra mondiale ne è uscito veramente a pezzi, questo è San Pietro Infine.
Piccolo comune di circa 1000 abitanti, è il più a nord della provincia e trovandosi al confine tra tre regioni: Campania-Lazio-Molise e allo svincolo tra due grandi arterie stradali: La Casilina e la S.S 85 che porta in Molise quindi in Abruzzo e anche sull'Adriatico è sempre stato un punto strategico fondamentale per quanto riguarda il controllo di una vasta parte dell'Italia peninsulare. Proprio questa sua posizione, condannò nel 1943, il paese alla totale distruzione in quanto lo fece trovare al centro della contesa tra tedeschi e alleati, che tramite esso volevano assicurarsi il controllo alla valle del Liri e alla via d'accesso per la fascia appennica e adriatica di quella parte dell'Italia.
Sin dall'8 settembre, dopo la resa italiana agli anglo.americani, i tedeschi iniziarono a predisporre una serie di fortificazioni sui monti che circondavano San Pietro: Monte Lungo, Monte Cesima, Monte Camino e Monte Sambucaro, realizzando così la cosiddetta Linea Reinhardt, o Linea d'Inverno, che doveva avere lo scopo di rallentare l'avanzata delle truppe alleate fino al completamento della linea difensiva principale: la Linea Gustav, che da Cassino arrivava fino alla costa Adriatica. Ma gli alleati per poter procedere verso Roma dovevano obbligatoriamente distruggere quelle postazioni e fu così che il piccolo e tranquillo paesino di San Pietro Infine si trovò al centro di una lotta spietata, dove si combattè metro per metro e che vide scaricare su di esso tonnellate e tonnellate di bombe e granate.
Negli otto giorni che vanno dall'8 al 16 dicembre il paese fu sottoposto dagli alleati ad un incessante bombardamento sia da terra che dal cielo, tanto da renderlo un cumulo di macerie. Le distruzioni furono tali, che nel dopoguerra ci si rese conto che non valeva più la pena ricostruire il vecchio paese e si costruì una nuova San Pietro leggermente più a valle. In questo interminabile periodo di bombardamenti persero la vita 135 Sanpietresi e l'abitato fu distrutto per il 98%.
In quegli interminabili otto giorni di inferno, la popolazione si rifugiò in delle grotte scavate nel tufo, chimate grotte della valle e fu costretta a cibarsi di erbe, cotte alla meglio oppure mangiate crude. Riflettere su come sia stata la vita di quelle persone in quei giorni ti fa capire come sia illimitata la stupidità umana, costringere delle persone incolpevoli a vivere in delle tane come gli animali, farli dormire a terra e nello stesso luogo in cui erano costretti a fare anche i bisogni corporali, segnare per sempre la vita di quei bambini che invece di pensare ai giochi come fanno adesso i nostri bambini, dovevano preoccuparsi di mettere qualcosa sotto i denti e di scampare alle bombe che gli cadevano intorno come gocce di pioggia durante un temporale, vedere altre persone estranee o care morire sotto i tuoi occhi e tutto questo in cambio di cosa? In cambio di nulla, ne per i vinti ne per i vincitori.
Per il grande sacrificio sostenuto dalla popolazione durante gli eventi bellici, il paese nel 2003 è stato insignito della Medaglia d'Oro al Merito Civile.
Nell'antico borgo abbandonato, dalle spiccate caratteristiche medievali, è stato allestito il Parco della Memoria, con centro visita e dove è stata realizzata anche una mediateca in cui è possibile visionare i filmati girati dal regista John Houston, che era al seguito delle truppe americane durante la battaglia di San Pietro e di altri cineoperatori che operarono nei territori compresi tra Campania, Lazio e Molise. Esso può essere considerato come un vero e proprio monumento di archeologia contemporanea, una Pompei del 1943. In esso John Houston realizzò il documentario The Battle of San Pietro e Mario Monicelli nel 1959 vi girò alcune scene del film: La Grande Guerra, con Alberto Sordi e Vittorio Gassman.
Il nuovo San Pietro Infine attualmente è un paesino moderno, con una piazza monumentale e una serie di gradinate, quasi una moderna Trinità dei Monti, che salgono verso la nuova Chiesa San Nicola, simbolo della rinascita di un popolo che, pur nella sofferenza, ha conservato intatto la propria dignità morale e civile.
Una vacanza a San Pietro Infine, oltre alla possibilità di vedere da vicino quello che spesso si vede nei film riguardo la seconda guerra mondiale, sarebbe senz'altro una vacanza all'insegna della riflessione, del relax grazie all''incontaminata natura in cui e immerso, della cultura data la vicinanza di alcuni siti di grande interesse culturale come Cassino e Caserta, della buona tavola e del calore umano data l'ospitalità dei suoi abitanti.
Anche se non è in territorio di San Pietro, ma in quello di San Vittore del Lazio, vi voglio riportare una sensazionale scoperta fatta nel 2011 da Antonio Nardelli, un fotografo del posto. Navigando su Google Map, il fotografo notò dei strani cerchi su un dosso del Monte Sambucaro.
Recatosi sul posto Nardelli con un gruppo di ricercatori, scoprirono che si trattava di sette grandi cerchi concentrici costituiti da massi e pietre di ogni dimensione ammonticchiati uno sull'altro. La cosa strana è che finora nessuno aveva notato queste misteriose figure, anche se i pastori del luogo dicono che ci sono sempre state.
Il sito sta attirando studiosi da ogni parte del mondo anche se ad oggi non si è ancora riusciti a dare una spiegazione.

Ultimo paese dell'area del vulcano di Roccamonfina è Rocca D'Evandro (ultimo nella nostra trattazione, non certo per importanza).
Sito sul versante nord del complesso vulcanico, Rocca D'Evandro è un paese di circa 3500 abitanti, posto ad un'altitudine di circa 260 m slm, alle pendici del Monte Camino. Si affaccia sulla fertile e lussureggiante valle del Garigliano, che separa il suo territorio dai vicini comuni di Suio, San Vittore, Sant'Ambrogio, che appartengono alla regione Lazio
Il ritrovamento di un porto sul Garigliano e di una fabbrica di anfore vinicole di epoca romana in località Porto di Mola, fanno pensare che vi fosse un insediamento urbano di epoca romana, posto più a valle dell'attuale paese, lungo la riva del Garigliano, che poi si sia trasferito nell&attuale centro forse per motivi di sicurezza. Mancando notizie documentate si ipotizza pure che un primo insediamento abitativo, dal nome Vandra o Bandra, in corrispondenza dell'attuale paese fosse nato nel 582 dall'esodo delle popolazioni di Casinum ed Aquinum in seguito alle scorrerie del duca Longobardo di Benevento: Zotone.
Qello che comunque è certo, è che la vita di questo centro abitato sia saldamente legata al suo castello, le cui prime notizie documentate risalgono alla fine del X secolo. Sappiamo infatti che nel 961, la Rocca di Bandra, fu ceduta dai principi Longobardi di Capua, al monastero di San Salvatore. Durante tutto il periodo Longobardo fu spesso al centro della contesa tra i Conti Longobardi di Teano e del vicino monastero benedettino di Montecassino.
Con il consolidarsi del Regno del Sud, con i Normanni prima e con gli Svevi dopo, anche la vita del piccolo centro con la sua rocca si tranquillizzò nonostante i due violenti terremoti del 1117 e del 1349 che rasero al suolo la rocca, ma data l'importanza strategica del sito (da essa si domina tutta la valle del Garigliano) fu sempre ricostruita.
Durante il periodo medievale e rinascimentale la rocca con il suo territorio, fu posseduta da varie famiglie nobiliari, tra i quali gli abati di Montecassino nel XIV secolo, il già signore di Mignano, Ettore Fieramosca nel XVI secolo e infine la famiglia Cedronio alla quale si deve l'ultima ristrutturazione che diede al castello la forma attuale.
Anche Rocca D'Evandro, come tutti i comuni a ridosso della Linea Gustav, subì molti danni durante l'ultimo conflitto mondiale, e le sofferenze patite dalla popolazione sia per i continui rastrellamenti dei tedeschi che per i bombardamenti degli anglo-americani, sono state premiate (se così si può dire) con la medaglia d'argento al merito civile concessa dal Presidente della Repubblica, Carlo Azelio Ciampi, nel 2005.
Oggi Rocca d'Evandro è un tranquillo ma vivace paesino immerso in un paesaggio di inconfondibile bellezza, solcato dal sinuoso Fiume Garigliano, immerso nel verde del Monte Camino e fronteggiato dai maestosi Monti Aurunci, dove il verde della natura viene ogni tanto interrotto dai caratteristi e tranquilli paesini che vi sono insediati. Da visitare cè prima di tutto il Castello, recentemente restaurato, ospita numerose mostre artistiche ed è sede del Museo della Civiltà del Fiume e della Cultura Contadina, con reperti preistorici, romani e medievali.
Il Centro Storico, la cui caratteristica predominante è quella tipica dei borghi medievali, con stradine e scalinate con la caratteristica pavimentazione in pietra, la Piazza centrale con un'antica fontana al centro e Piazza Fanelli con l'imponente Chiesa di Santa Maria Maggiore cui si accede con una scala a doppia rampa. Il portale d'ingresso sorregge un timpano acuto, nel quale è dipinta un'immagine della Madonna in trono con Bambino. Sulla sinistra della Chiesa vi è un campanile di origine Medievale.
Altre chiese di notevole interesse sono l'altra settecentesca del Farneto, il seicentesco Santuario di Monte Camino posto a circa 1000 metri di altitudine, il cinquecentesco Eremo dell'Eterno Padre sul Monte Maggiore, la Cappella di San Tommaso del XV secolo.
Da visitare inloltre gli scavi archeologici del Porto di epoca Romana sul fiume Garigliano e il caratteristico borgo di Cocuruzzo sito sul Monte Camino a 285 m di altitudine slm.
Per gli amanti dela natura, a Rocca d'Evandro fare tranquille passeggiate nei boschi a diretto contatto con la natura, sport acquatici (come la canoa) nel fiume e in generale sport all'aria aperta che sicuramente fatti in questi luoghi rigenererebbero non solo il corpo ma anche spirito.

Con Rocca d'Evandro termina la carrellata dei tanti paesini che costellano la verdeggiante area del complesso vulcanico di Roccamonfina. Mi sono sforzato a descrivervi monumenti, chiese e opere d'arte, ma per chi è interessato ai monumenti e all'arte consiglio città come Roma, Firenze, Napoli, Venezia, chi si reca in questi luoghi lo fa di certo per le opere d'arte ma per un Full Immersion nella natura, nella tranquillità, lontano dal frastuono e dallo stress delle città e per godere della finisimma aria che vi si respira, della squisitezza e genuinità della sua cucina e della semplicità e del calore della sua gente.
L'area del complesso vulcanico di Roccamonfina è interessata dalla Comunità Montana del Monte Santa Croce, di cui fanno parte i comuni di: Conca della Campania, Galluccio, Mignano Montelungo, Presenzano, Rocca d'Evandro, Roccamonfina, San Pietro Infine, Tora e Piccilli.